N. 6 (2020): Kids Don't Just Wanna Have Fun. Material Girls, Wild Boys, and the Melancholic Eighties
Articoli

Malinconica Moana, morte e malattia sullo sfondo del porno italiano

Sofia Torre
Università  dell'Aquila
Biografia
Madonna, 'Girl Gone Wild' (dir. Mert & Marcus, 2012)

Pubblicato 2020-12-04

Come citare

Torre, S. (2020). Malinconica Moana, morte e malattia sullo sfondo del porno italiano. De Genere - Rivista Di Studi Letterari, Postcoloniali E Di Genere, (6). Recuperato da https://degenere-journal.it/index.php/degenere/article/view/141

Abstract

Il presente articolo si propone di leggere la figura di Moana Pozzi come un prodotto culturale della malinconia degli anni Ottanta. La star, che ha vissuto il suo massimo fulgore durante la crisi epidemica di AIDS e che ha scelto di ritirarsi dalle scene e dalla vita pubblica dopo essersi ammalata di cancro al fegato, è ricordata nell’immaginario popolare per la sua eleganza convenzionale, più congeniale al cinema tradizionale che a quello pornografico. L’ingresso in settori della cultura popolare "lecita", come la televisione, la politica e la moda, è stato reso possibile tanto dal rispetto di determinati standard estetici quanto dal rispetto di un’etica dell’osceno, di cui la scelta di celare malattia e segni di morte è la prerogativa più evidente.

Se il cancro è per definizione una malattia innominabile, la scoperta dell’HIV nei primi anni Ottanta trasforma la vita sessuale quotidiana degli individui in una questione di sicurezza pubblica, tanto da rendere necessaria la rappresentazione e la discussione esplicita del comportamento sessuale. La nuova narrazione della sessualità  finisce per comportare un coefficiente di responsabilità  in grado di far trapelare una rivalutazione dei costumi sessuali degli anni precedenti, causa di "tragici errori". Rappresentare la sessualità  non significa più raffigurare la ricerca e l’abbandono al piacere, come negli anni Sessanta, ma cercare di dipingere una salvaguardia dell’ordine pubblico e la necessità  di combattere e sconfiggere la malattia. Nell’ottica degli anni Ottanta, l’idea della promiscuità  perduta produce un ricordo nostalgico. Lo spettro dell’AIDS, che gruppi religiosi e ultraconservatori dipingono come la punizione divina e naturale alla sregolatezza e alla liberazione sessuale, esercita un potere sull’immaginario erotico in toto, in parte dovuto alla continuità  fra gli incubi sessuali dei tradizionalisti e i sogni della controcultura. Il "tentativo di colonizzare la nostalgia dell’irraggiungibile" produce una continuità  nell’immaginario pornografico che ha nella bianchezza e nella passività  femminile prerogative necessarie.

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